IL MONDO E' COME UNO SPECCHIO

Osserva il modo in cui reagisci di fronte agli altri. Se scopri in qualcuno una qualità che ti attrae, cerca di svilupparla in te stesso. Se invece osservi una caratteristica che non ti piace, non criticarla, ma sforzati piuttosto di cancellarla dalla tua personalità. Ricorda che il mondo, come uno specchio, si limita a restituirti il riflesso di ciò che sei.

lunedì 10 giugno 2019

BOT da orbi

Una discussione semplice come quella sui minibot sta mandando nel pallone la sinistra ed anche quella parte della destra, ormai in dismissione ed in trasferimento verso i Paesi Bassi, che ne è alleata e succube, oltre che una fetta notevole della élite-kaviar che è pronta a sfilare per il gay pride, ma non a  versare una lacrima per un imprenditore suicidato.
Cerchiamo di chiarire alcuni concetti. I miniBOT non suono nuovo debito, ma cartolarizzazioni in forma differente di debiti esistenti. Non creano nuovo debito senza controllo perchè le spese che vanno a coprire, debiti dello stato nei confronti dei fornitori, sono state già autorizzate da norme che hanno superato lo  scoglio dell’approvazione parlamentare con copertura ex art 81 cost. Quindi NON cambia assolutamente nulla rispetto a prima e la copertura delle spese è necessaria.
Perchè sono necessari i minibot? Perchè esigenze della gestione di cassa possono rendere complesso il pagamento e ritardarlo. I minibot quindi sono uno strumento per facilitare la liquidazione dei debiti. Sono titoli di stato di piccolo taglio evidentemente trasferibili al portatore, che possono quindi essere utilizzati per pagare i debiti fiscali e contributivi.
La proposta ideata dal leghista Claudio Borghi e poi appoggiata con insistenza dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti, ha ricevuto nel frattempo le bocciature di Mario Draghi, dell’agenzia di rating Moody’s e soprattutto di Confindustria, rappresentante di quelle imprese che i minibot li dovrebbero ricevere. Addirittura i giovani industriali hanno definito la soluzione “come provarci coi soldi del Monopoli“. Strano, visto che la stessa Confindustria reagiva in tutt’altro modo appena sei anni fa, quando durante la campagna elettorale del 2013 l’allora segretario del Pd Pierluigi Bersani faceva esattamente la stessa proposta. A quel tempo i Minibot erano una “proposta positiva e nella direzione che auspicano” gli industriali, così come i commenti erano tutti trionfanti quando a suggerire questa soluzione era Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico nel 2011. Oggi invece, Vincenzo Boccia, numero uno di Confindustria, si dice in linea con Draghi: “Significa creare debito pubblico e il problema è che noi non possiamo più realizzare debito”.
Scriveva Bersani, allora segretario del PD….
Il problema è che questa semplice innovazione finanziaria, francamente banale, ha mandato in Tilt tutta l’opposizione. Iniziamo dai casi più evidenti:
Iniziamo con Zingaretti che ha sparato due simpatiche, si fa per dire, amenità:
Li chiamano #minibot ma sono una grande truffa. Fanno ancora debiti per pagare i debiti che hanno già fatto. Cosi l'Italia rischia. Rischiano le famiglie, le imprese e i giovani su cui scaricano i problemi non risolti. Sono degli irresponsabili
— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) June 8, 2019
come abbiamo scritto NON sono nuovo debito e passano sotto il controllo della copertura prevista dall’art 81 della costituzione. Al limite sono cartolarizzazioni di debiti già presenti come debiti a fornitori. Comunque si può anche dire di peggio:
Caro Salvini è giusto che il governo paghi i debiti della Pubblica Amministrazione. Ma con i soldi, non con le patacche come i #minibot
— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) June 8, 2019
Dato che i minibot sarebbero TITOLI DI STATO a tutti gli effetti il GRAN TUTELATORE DEI MERCATI sta dicendo che chi prende titoli di stato, come BTP o BOT, in realtà prende delle PATACCHE. I nostri più vivi complimenti.
Perchè , dopo aver perfino votato questa soluzione in Parlamento, Forza Italia ed il PD sono così contrari? perchè il Minibot sarebbe il metodo per diminuire la pressione della BCE sul debito italiano e per diminuire la pressione ricattatoria sul nostro Paese. Senza più il ricatto del debito, o con questo ricatto diminuito fortemente, l’Europa non potrebbe più imporci diktat e trattarci come parenti poveri. Ecco perchè hanno ordinato alle loro obbedienti filiali italiane di opporsi ai MINIBOT, perchè sono equivalenti ad un fucile in una rivoluzione: sono uno strumento di liberazione nazionale. Tutto questo li rende ancora più necessari ed importanti, con o senza il  Governo. A questo punto la loro introduzione potrebbe diventare un elemento essenziale per il benessere dell’Italia.

venerdì 7 giugno 2019

Come passare da una situazione di "sana e robusta Costituzione" ad essere "mal-Trattati"

Se confrontate la Costituzione italiana, entrata in vigore il primo gennaio 1948, e i trattati fondativi dell’Unione europea, noti come TUE (Maastricht) entrato in vigore il primo novembre del 1993, e TFUE (Lisbona) entrato in vigore il primo dicembre 2009, potreste accorgervi di un'impressionante asimmetria. È come se i tre documenti fossero separati, non solo da una voragine cronologica di personaggi, di eventi, di epoche, ma da una voragine etica, civica, politica nel senso più alto e nobile del termine (per quanto riguarda la nostra Carta fondamentale) e nel senso più deteriore e vilipeso (per quanto riguarda i trattati). 
Ne volete una riprova tangibile? Allora fissatevi questa triade di concetti: lavoro, solidarietà, uguaglianza.
E poi quest’altra: rendita, egoismo, disparità. Notate la differenza?
Sono categorie reciprocamente speculari.
Al lavoro fa da contraltare la rendita; alla solidarietà si contrappone l’egoismo; all'uguaglianza risponde la disparità.
Ebbene, il trittico positivo è addirittura scolpito nei primi quattro articoli della Costituzione italiana. L’articolo 1 dichiara che la Repubblica è fondata sul lavoro, il che significa assegnare la supremazia all'uomo rispetto al capitale, a chi, col sudore della fronte, crea valore nel mondo “estraendo” la ricchezza dalle cose con la propria energia. L’articolo 2 esige dai cittadini l’adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale e, addirittura, l’articolo 4 impone ai cittadini lo svolgimento di un’attività o funzione che contribuisca al benessere materiale o spirituale della società. Un’enunciazione quasi metafisica che costituzionalizza non il pareggio di bilancio tra debiti e crediti, ma tra ciò che tu ricevi dalla tua comunità e ciò che sei tenuto a dare, in cambio, in ossequio alla solidarietà interclassista e intergenerazionale. L’articolo 3, infine, evoca il sacro principio dell’uguaglianza che non tollera distinzioni non solo di razza o di sesso o di religione, ma soprattutto di ceto.
Guardiamo adesso i Trattati. All’articolo 3, comma 3 del TUE troviamo esaltata la “stabilità dei prezzi” che, a mente dell’articolo 127 del Trattato di Lisbona (da leggersi in combinato disposto con l’altra norma dianzi citata) viene addirittura prima del progresso sociale, della piena occupazione, della crescita sostenibile. È la codificazione degli impulsi ossessivo-compulsivi contro il rischio di una pur moderata inflazione. Insomma, è la cristallizzazione delle esigenze dei "prenditori" di denaro e dei prestatori di capitali, dei rentier, di chi – anziché lavorare – vive di rendita. Prendete ora gli articoli 123, 124 e 125 dei Trattato di Lisbona. Vi troverete sancito, in modo inequivocabile, il divieto assoluto per i detentori di ogni ricchezza (allocati in quel di Francoforte in una sorta di Olimpo a nome Eurotower) di finanziare gli Stati, cioè i cittadini europei e la proibizione tassativa per l’Unione di aiutare gli Stati e per gli Stati di aiutarsi tra loro. Mai nella storia fu legalizzata una forma di egoismo politico così “pura” e impeccabile. Infine, l’articolo 3 di Maastricht esalta un’economia sociale “fortemente competitiva” dove il forte vince e i deboli perdono. Con tanti saluti alla presa della Bastiglia e agli ideali conseguenti. Quando avete terminato la lettura, chiedetevi in che mondo vi piacerebbe vivere e, soprattutto, perché siete finiti in quello sbagliato, di Maastricht e di Lisbona.
By Francesco Carraro
www.francescocarraro.com

Il debito italiano finanzia l'UE e poi da essa viene censurato

Negli ultimi 6 anni il debito pubblico italiano è cresciuto di circa 250 miliardi in valore assoluto (e con governi di ogni colore, da Berlusconi a Monti a Renzi). Però...
* Ogni anno ci indebitiamo per circa 14 miliardi all’anno per trasferire fondi alla UE. In sei anni fanno 84 miliardi
* 15 miliardi concordati con la UE negli ultimi 4 anni spesi per l'accoglienza degli immigrati. Solo le spese vive sia chiaro perchè poi ci sarebbero spese sanitarie, spese amministrative e di giustizia ecc Tenete conto che la Commissione gentilmente ci autorizzò a non computare queste spese nel calcolo del deficit per non incorrere nelle procedure di infrazione per deficit eccessivo e a iscriverle solo nello stock di debito cumulato. E infatti ora con incredibile faccia ci aprono una procedura per debito eccessivo.
* 20 miliardi per salvare le banche (da MPS in primis) in maniera sempre concordata con la Commissione Europea
* nel 2011 e 2012 nelle more della terribile crisi del debito sovrano che mandò a fondo Grecia, Spagna e Portogallo conferiti almeno 80 miliardi al Fondo Salva Stati (o MES). Ovviamente su questa mostruosa cifra paghiamo un buon 2,5% di interessi annui e ogni anno gli interessi cumulano diventando nuovo debito.

Ci pare di poter dire che il debito italiano, al netto delle spese fatte per la UE o autorizzate direttamente dalla UE cresca poco e addirittura diminuisca in rapporto al pil. Cosa pretendono ancora da noi?

https://www.maurizioblondet.it/oltre-100-miliardi-di-euro-in-6-anni-il-debito-italiano-per-finanziare-lunione-europea-totalmente-censurato-nel-dibattito/

venerdì 31 maggio 2019

CRITICHE VARIE AL MOVIMENTO 5 STELLE

Una critica a Di Battista

Ho visto una sua dichiarazione in TV in cui affermava che le stoccate rivolte alla Lega nell'ultimo mese, da parte di Di Maio e i suoi, avrebbero dovuto essere fatte fin dall'inizio, ovvero che si è marcata troppo poco la differenza e solo prima delle elezioni europee.
Sono di opinione contraria. 
Purtroppo in questo Salvini è molto più efficace: mai polemico con gli alleati, sempre riconoscente a rivangare l'ottimo rapporto e a gettare acqua sul fuoco se ci sono domande provocatorie. Persino ora, dopo il voto, a ribadire che pur col suo 34% "non chiederemo mezza poltrona in più" e "se si fanno le cose previste si va avanti 4 anni" ecc.  Gli italiani amano i poco polemici e i poco rissosi al Governo, amano chi, pur forte non abusa del suo potere, amano l'atteggiamento umile. Perchè? Perchè loro non lo sono, in generale. E proprio per questo lo apprezzano.
L'atteggiamento critico di Di Maio verso l'alleato espresso nell'ultimo mese gli ha tolto ancora più voti.  Il 14% dei suoi elettori delle politiche è passato alla Lega. Qualcosa vorrà dire.
Non ci sono alternative, il M5S deve andare avanti con questo Governo, con questo alleato, finchè morte non li separi. Non si può permettere di staccare le spina, come ben insegna il buon Salvini che, pur forte del suo risultato, si guarda bene dal paventare la pur minima intenzione di cambiamento (poi in camera caritatis penserà ben diversamente ma questo non ha impatto). Lui sì che è un furbone.
Occorre anche che Di Maio -metaforicamente e non- svesta gli abiti azzimati (da fighetto) che lo fanno apparire un po' rigido e distaccato, cambiandoli con quelli un po' arruffati e scamiciati di chi è vicino al popolo e alla sua pancia.

Una critica benevola, nella quale in parte mi riconosco

"La batosta del M5s non ne intacca il valore. Ma al suo interno ci sono personalità ben diverse

Sto partecipando con personale e profondo dispiacere al disastro del Movimento Cinque stelle dopo le recenti Elezioni europee. Premetto che ho 81 anni suonati, non ho mai fatto politica attiva anche se me ne sono sempre interessato e ho pure cercato di dare contributi in denaro (alla fondazione del Pd) e in riflessioni, che pubblico sul Fatto Quotidiano da tre anni a questa parte.
Aggiungo, per chiarirci, che da tre anni cerco di parlare (ormai una sessantina i miei post) di una proposta di politica industriale manifatturiera per il nostro Paese: si tratta di una “idea-forte”, come si usa dire nel gergo manageriale, che fatica a passare in un mondo fortemente condizionato da culture basate sui libroni dei dotti, ma molto di meno sulla freschezza delle idee. Non è mio costume chiedere qualcosa in cambio.
La fine del Pd, la vergognosa parabola di Matteo Renzi (che io ho sostenuto a lungo, e che mi ha molto amareggiato quando ho dovuto riconoscere ciò che amici fiorentini mi dicevano da tempo su di lui), la “musica” nuova e frizzante suonata con vigore daBeppe Grillo, l’avallo di persone dello stampo intellettuale e morale di Dario Fo, l’arrivo sulla scena di personaggi assolutamente apprezzabili come Luigi Di Maio, Roberto Fico, Alessandro Di Battista, l’impronta gagliarda e innovativa data al Movimento e, soprattutto, le forsennate campagne dei giornaloni contro il M5S (segno di forte paura da parte delle classi “bene”; non diversamente, nel 1921, fu questo il vero e più forte terreno di coltura del fascismo: ma, di grazia, su quale altro terreno ha lavorato Matteo Salvini?), tutto l’insieme agitato e shakerato hanno fatto di me un sostenitore di questa novità.
Avevo capito che la scommessa non era facile: questi ragazzi hanno dovuto buttarsi in politica e, allo stesso tempo, costruirsi una macchina politica che non esisteva: niente radicamento sul territorio, niente assessori e consiglieri comunali (vera sede, oggi, del potere), niente strutture e uomini preparati: al massimo suscitavano curiosità, ma anche tanti risolini. Ma avete visto la campagna sulla non-laurea di Di Maio? Qualcuno si è mai ricordato se, per caso, Benedetto Croce avesse avuto uno straccio di laurea?
La reazione della gente alla novità grillina fu forte: sapevamo che mancava di stabilità, ma se ne raccoglieva il messaggio di richiesta di aiuto, di Sos che la società italiana lanciava nell’etere, come quelli del Titanic, consci che la nave andava a fondo. In grande fretta e furia i grillini furono costretti a racimolare una ciurma, darsi parvenza di struttura politica, disegnarsi un programma da raccontare agli elettori, cercare di consolidare la fiducia di tanti che chiedevano un cambio, un profondo cambio, e, nel contempo, a gestire una situazione nazionale molto pericolosa. Il tutto sotto una campagna resa forsennata dalla fifa un poco cianotica del ceto al potere. Ebbene, esprimo una mia opinione: sono stati non bravi, strabravi, e seri: hanno parlato un linguaggio politico, fatto di temi politici, di cui da decenni non si sentiva il timbro. Un linguaggio, come diceva il mio nonno comunista doc che aveva fatto la scelta della vita povera, da “uovo fuori dal cavagnolo”.
Una novità assoluta: e uno stile, quello di Di Maio, assolutamente di classe, di grande classe. E tuttora, nonostante la batosta colossale, dico “bravo, bravissimo Di Maio”: sei un politico a tutto tondo, sei – e qui è la sua stupefacente particolarità – un “politico nuovo”. Hai sbagliato, certo, hai sbagliato, ma di colpa si tratta, non di dolo. Diceva papa Pio X: “chi fa falla, chi non fa falla sempre, appunto perché non falla mai’. Capito Salvini? Ma le persone intelligenti, che sbagliano come tutte le altre, sanno trarre insegnamenti preziosi: sì, oggi una sberla, ma lavorano per essere vincenti domani, mentre i mentecatti restano tali e sempre al palo.
Nel frattempo questa nuova classe politica era costretta a raccogliere la ciurma in quattro e quattr’otto. Ce ne vogliamo rendere conto? E qualche opportunista ha colto l’occasione. Pur di rimediare magari una breve comparsata televisiva per la gente di bocca buona. Questa è stata la sensazione negativa che ho avuto nel vedere questi interventi con prua su Di Maio. No: così non si va lontano.
Uno degli errori più grossi di Di Maio è stata la tecnica adottata nella comunicazione: pur avendo (oltre a Rocco Casalino – cui qualche domandina dovrà pure essere indirizzata…) un laureato in scienza della comunicazione come Gianluigi Paragone, che ha nel suo passato qualche cambio di casacca. E che non mi risulta sia intervenuto, nel momento giusto, a cercare di correggere gli errori del capo: perché errori ce ne sono stati, senza dubbio. Tirerei una conclusione: fra un Di Maio (che sbaglia ma come tutti noi) e un Paragone (che sbaglia perché leggermente a mio parere motivato da un complesso di opzioni personali) non ho dubbi: Di Maio."

Il Fatto Quotidiano by Giuseppe Brianza
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Una critica sferzante per i 5S, con molte verità

"E’ interessante leggere i commenti dopo le elezioni e in particolar modo quelli dei militanti 5 stelle o comunque simpatizzanti perché esprimono due contrastanti modi di vedere le cose. Non parlo ovviamente dei fan o dei circoli che si stanno scannando su di Maio si o di Maio no, né del verdetto della piattaforma Rousseau che probabilmente confermerà l’attuale capo politico, nonostante una batosta epocale. Parlo degli interventi di persone dentro o fuori del movimento che si domandano cosa sia successo e tentano qualche spiegazione. 

Una parte di queste persone tra le quali è possibile includere Massimo Fini e lo stesso Grillo accusano intanto gli elettori di non aver compreso tutto quello che i Cinque stelle hanno fatto in questo anno di governo nonché la campagna a tappeto contro i pentastellati condotta sia dall’informazione maistream del capitale, sia dal Pd, con il risultato di aver fatto vincere Salvini. 

Un’ altra parte invece ha il coraggio di mettere il dito nella piaga, mostrando che le riforme attuate dal governo sono inferiori rispetto a quanto promesso e spesso ciò che viene dato ad alcuni è preso ad altri perché la coperta è troppo corta e lo sarà sempre in mancanza di una forte politica europea basata innanzitutto sulla difesa degli interessi italiani, anche a costo di mettere in crisi l’Ue che , tra l’altro nelle sue forme attuali, è destinata a disgregarsi. Ma questi mettono in primo piano il fatto che la sconfitta nasce dalla incapacità di evolvere una struttura territoriale e di reale selezione politica, rimanendo tuttora vittima degli infausti miraggi della democrazia diretta.
In realtà sono proprio questi critici ad essere ottimisti perché sanno che la salvezza dei Cinque stelle non sta nel covare ancor più di prima la sindrome dell’assedio, ma proprio nella capacità di fare autocritica, di cominciare a fare politica pensando un po’ più a Machiavelli che a Savonarola e impegnandosi dentro la società e la sua intelligentia a costruire un progetto che non sia solo un collage di programmi, ma riesca ad esprimere una speranza collettiva. Come ho detto ieri c’è un enorme serbatoio di voti e di forze elettorali allo stato plasmatico che non cerca altro e che tuttavia continua a sentirsi senza rappresentanza, che ha bisogno di una nuova prospettiva e di un nuovo orizzonte. Insomma i critici dicono che non ci si deve arrendere, che si può lavorare per riconquistare a poco a poco il senso e il consenso. Tuttavia questo passaggio del Mar Rosso non può partire dal megafono Grillo o da questo o quel luogotenente, ed è più che mai chiaro come occorra superare l’adolescenza per non morire giovani. Insomma bisogna uscire da quella condizione di escatologia politica in cui i Cinque stelle sono vissuti finora e che tra l’altro non poteva che suscitare l’immediata delusione: pensare di essere sempre e comunque nel giusto è la strada migliore per fallire e per mostrarsi talmente preda dell’autismo da ritenere che il proprio messaggio non possa non essere accolto come verità lampante. I veri giusti sono sempre pieni di dubbi."
Tratto da  ilsimplicissimus

mercoledì 29 maggio 2019

ANALISI DEL VOTO IN CHIAVE EUROPEA

L’Italia è diventata la nazione più euroscettica dell’Unione Europea, non considerando gli inglesi, ovviamente, che sono di fatto già fuori dalla stessa Unione.
Se poi ci limitiamo ai soli sovranisti, la percentuale è del 40,5%, inferiore solamente al risultato ottenuto da Orban in Ungheria.
Ma di questo nessuno parla.
La trasformazione degli italiani  da eurofili ad euroscettici è ancora più evidente se consideriamo le elezioni del 2014 e le percentuali che conseguirono i partiti sostenitori di questa U.E.: P.D. 40,81%, Forza Italia 16,81%, per una percentuale complessiva del 57,62%.
E’ questo il dato fondamentale che emerge dalla recente consultazione elettorale: dal 57,62% di italiani favorevoli all’Unione Europea nel 2014 siamo passati al 57,53% di italiani euroscettici nel 2019.
Il dissenso, dunque è cresciuto in Italia ed è pure forte.
Tutto ciò effetto della crisi, dell’austerità, dei sacrifici che sicuramente non portano mai a nulla.
Si continua a parlare di politica interna ed il PD esulta, anche se avrebbe a dolersi, avendo quasi dimezzato in un quinquennio i propri voti così come è avvenuto anche a Forza Italia .
Tuttavia, se i nostri commentatori televisivi, tutti allineati al pensiero mainstream, continuano a parlare di politica interna e non di temi europei , forse ci danno inconsapevolmente un’altra risposta: che questa Europa è irriformabile e che il Parlamento Europeo ha la stessa importanza nella gestione dell’U.E. come il due di coppe quando la briscola è a bastoni.
Passata la sbornia dei soliti inutili commenti giornalistici su chi ha vinto e chi ha perso le elezioni, nei quali la competizione politica viene sostanzialmente paragonata ad un torneo di calcio, dove alcune squadre “vincono” ed altre “perdono”, cerchiamo di rimettere i piedi per terra, per capire cosa potrà realmente cambiare per la nostra vita di tutti i giorni dopo quanto scaturito dalle ultime elezioni europee.

La prima considerazione è nel Parlamento Europeo non cambierà sostanzialmente nulla: la precedente maggioranza costituita dai socialisti e dai popolari verrà ricostituita, includendo anche i liberali dell’ALDE. Il risultato sarà un’assoluta continuità con le precedenti politiche neoliberiste, fondate sulle politiche di austerità, sui tagli alla spesa pubblica, sulle privatizzazioni, sull’output gap ed altri meccanismi finalizzati a favorire l’economia di alcuni paesi (Germania, Olanda in primis) a scapito di altri (Grecia e Italia in primis) e finalizzati a favorire le lobbies dei mercati finanziari a scapito degli operatori dell’economia reale.
Ci ritroveremo quindi un commissario Barroso/Juncker bis, che avrà la faccia del tedesco Weber o dell’olandese Timmermans e un Mario Draghi bis, in salsa tedesca, che continuerà a tutelare gli interessi dei mercati finanziari.
Aggiungiamo il fatto che, a motivo dei meccanismi decisionali dell’Unione Europea le decisoni che contano non vengono quasi mai prese dal Parlamento Europeo.
Quini tanti auguri ai candidati eletti che hanno avuto la nostra fiducia, i quali porteranno qualche voce di verità in una assemblea sostanzialmente inutile.
Le elezioni europee, quindi, servono soprattutto a dare una “copertura politica” (come diceva il segretario di stato Colin Powell ai tempi della guerra in Irak, mostrando le provette delle inesistenti armi chimiche) a decisioni per nulla democratiche prese altrove e per altre finalità.7

Questo tanto per stabilire un punto fermo per coloro che hanno come programma politico il “cambiare l’Europa dall’interno”.
L’Unione Europea non cambierà a motivo di una composizione leggermente diversa del parlamento.
Anche perché i trattati, i testi che stabiliscono le regole del gioco, sono di competenza intergovernativa, non del Parlamento Europeo.
E, almeno per il momento, non si sono realizzati in Europa cambiamenti di governo tali da fare sperare una riscrittura dei trattati europei in senso più democratico e sulla base di una visione più keynesiana dell’economia.
Vigendo il principio dell’unanimità di tutti i governi, infatti, sarebbe necessario che in tutti i governi si affermasse una diversa visione dell’economia per eliminare dai trattati gli assurdi vincoli del 3% al deficit, del 60% al debito, della moneta unica e via dicendo.
Una condizione certamente non possibile nel breve e medio termine. Nel lungo termine saremo tutti morti, come saggiamente ricordava Keynes, mentre i problemi i cittadini europei, e in particolare quelli italiani, li hanno ora.

Tratto dall'articolo “Mele con le mele e pere con le pere.” di R. SALOMONE-MEGNA  su  Scenari Economici
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Anche se dai risultati elettorali di alcuni paesi come Italia, Francia, Regno Unito, Ungheria, così come dalla alta astensione (il 44% in Italia), arrivano segnali chiari di insofferenza da parte della popolazione, la sadica indifferenza con cui la commissione Juncker ha a suo tempo ridotto alla fame la Grecia, calpestando la loro votazione referendaria, non deve farci illudere sulla “sensibilità politica” dei commissario europei che rispondono del loro operato non agli elettori, ma unicamente alle lobbies della finanza internazionale.
Nessun aiuto ci arriverà dell’Europa.

Veniamo ora alla situazione italiana, al gongolante Matteo Salvini forte del suo 34%.
La sostanza è che in questo primo anno di governo “gialloverde” i risultati economici sono stati per ora modesti (anche perchè le misure sono appena entrate in vigore). Salvini è riuscito a fare il pieno di voti grazie alla sua grande abilità comunicativa, indirizzata in particolare verso i temi dell’immigrazione e della sicurezza. Tuttavia poco ha fatto, lui con la Lega, a parte le molte parole, per il rilancio dell’economia del paese.

Con un decifit fermo ai vincoli imposti dalla Commissione Europea, al 2.04%, che corrisponde ad un attivo di bilancio primario teorico dell’1,76%, nè il reddito di cittadinanza, nè la flat tax possono invertire più di tanto il trend dell’economia italiana. 
Quello che conta per far ripartire l’economia, infatti, è aumentare la quantità di denaro in circolazione per gli investimenti da parte di famiglie e imprese, il che si ottiene sia riducendo le tasse, sia aumentando la spesa pubblica.
Ma affinché la manovra economica sia significativa e adeguata per il rilancio dell’economia italiana è necessario che l’aumento di investimenti sia almeno di 80-90 miliardi di euro, che consentirebbero la creazione di 1,2-1,5 milioni di nuovi posti di lavoro, obiettivo minimo per un governo che intenda veramente ridurre la disoccupazione e la povertà in Italia.
Aumentare gli investimenti di 80-90 miliardi significa, inevitabilmente, fare un deficit di bilancio dell’8,5%.
Peraltro questo piano di investimenti potrebbe essere finanziato anche senza andare allo scontro aperto con l’Unione Europea, ad esempio mettendo in atto la misura della moneta fiscale.
Senza il coraggio di scelte del genere, l’Italia continuerà a sprofondare, i nostri giovani continueranno ad emigrare, le nostre imprese continueranno a fallire, le multinazionali straniere continueranno a comprare, a prezzi di saldo, le nostre imprese migliori.

Ora è giunto il momento di scoprire le carte, anche perché il paese non può permettersi un ulteriore perdurare della crisi economica.
O Salvini metterà il suo accresciuto consenso popolare a servizio degli italiani, mettendo al centro della sua azione l’economia (e non questioni secondarie come quella dell’immigrazione), se il caso anche sfidando la nuova dirigenza dell’Unione Europea, oppure arriverà la resa dei conti con gli italiani, i quali hanno già dimostrato di illudersi facilmente, per poi disilludersi verso chi dimostra di non comprendere i loro reali bisogni.
Le soluzioni esistono, se chi è al governo non sa che soluzioni proporre, che contatti chi le ha.
L’ultimo treno per Lega e M5S è la prossima legge finanziaria, che sarà la prova definitiva sulla effettiva capacità dell’attuale governo.

Tratto dall'articolo "Elezioni europee: il governo italiano di fronte alle sue responsabilità" di Davide Gionco su Scenari Economici

martedì 28 maggio 2019

L'ABBRACCIO MORTALE

Un analisi del voto europeo in chiave italiana: il perchè della sconfitta del M5S
Sì sono elezioni europee, lo sappiamo. Quindi non hanno a che vedere con il Governo nazionale. Tuttavia sono la cartina al tornasole di come si muove il consenso nel nostro italico paese. Parleremo degli impatti europei in un altro post ad hoc. Ora concentriamoci per un momento sull'impatto elettorale italiano.
Il dato principale da commentare è l'inversione dei pesi dei due partiti di Governo. I 5 Stelle subiscono una debacle che nemmeno i più accaniti detrattori osavano immaginare.
Chi studia i cosiddetti "flussi" di voto (istituto Cattaneo ecc.) ci dice che fatto 100 il risultato 5 Stelle delle politiche di un anno fa solo il 38 per cento ha riconfermato il proprio voto, un altro 38 per cento non è andato alle urne, il 14% è passato alla Lega, il 4% al Pd e il 6 per cento si è ripartito fra le altre proposte politiche in campo.
Com'è potuto accadere?
E’ questa la domanda che molti sostenitori 5 Stelle – increduli – si sono posti di fronte ai risultati elettorali. Come è potuto accadere, che uno dei maggiori fenomeni politici degli ultimi anni – un movimento onesto, capace (sì, lo affermo anche solo per confronto con i "capaci" che ci hanno condotto in precedenza), venuto dal basso – abbia perso tutti questi voti a distanza di un anno appena?
I problemi sono essenzialmente di due tipi, uno di comunicazione e un'altro di strategia, ovviamente strettamente connaturati tra loro. Iniziamo dal secondo, la strategia.
Un anno fa i 5 stelle per fare l'interesse della Nazione (credo sia loro da riconoscere, non erano in cerca di poltrone come accusano i partiti come il PD e FI che sì, hanno in testa solo quello) hanno coinvolto la Lega in un progetto di Governo, con un Contratto, unico modo per dare un esecutivo al paese e non andare a rivotare subito. Per fare questo hanno dovuto inevitabilmente rinunciare a parte della loro natura stessa, perchè in democrazia per governare occorre anche sapere essere costruttivi al di là del proprio interesse elettorale.
Inevitabilmente poi chi va al Governo paga pegno... E' comprovato. Peccato che l'azione di Governo (a mio avviso notevole rispetto ai governi passati e in sintonia col Contratto) sia stata attribuita (e criticata in ogni modo malgrado la sua coerenza col programma) del tutto ai 5 stelle, mentre Salvini è riuscito a risultare agli elettori come se fosse all'opposizione invece che al Governo. Con una capacita di comunicazione efficace e innata, con argomenti spesso validi e pragmatici, molto meno razzista di quanto è dipinto, parlando alla pancia della gente, e grazie alla costante assenza dal ministero per presenziare a comizi in ogni dove, il leghista è riuscito a servire due padroni (elettorato e Governo) in antitesi tra loro, in modo mediaticamente efficacissimo.
Inoltre, il M5s, offrendogli di governare, ha contribuito a far diventare la Lega un partito con un respiro nazionale, in grado di superare le barriere localistiche da cui Salvini lo aveva tratto dalle paludi del 6% a livello nazionale!
L'abbraccio è stato mortale per il Movimento, da un lato demotivando chi vi vedeva soprattutto l'aspetto sinistrorso e alternativo, dall'altro spostando il suo elettorato di destra verso una forza veramente tale, ora in grado pure di governare.
Il secondo problema è sicuramente la differenza tra quello che si è fatto e quello che si è comunicato. Puoi essere il miglior politico del mondo, ma se nessuno lo può riconoscere, non lo sei. Un’affermazione solo apparentemente banale.
Il grande problema della comunicazione 5 Stelle è stata avere tutti i media o quasi contro. Il sistema mainstream, con tutti gli attori che lo compongono, dai protagonisti fino alle figure minori, dai quotidiani e organi di stampa ai personaggi televisivi, dai notiziari radio-tv ai conduttori, dai giornalisti fino ad alcune particolari fiction o addirittura i programmi di intrattenimento, hanno fatto a gare per criticare qualsiasi aspetto del Movimento e dei suoi provvedimenti. Forse possiamo escludere solo le previsioni del meteo.
Ma, si dirà, i 5 Stelle hanno sempre avuto i media contro, qual è la novità? La novità è che una cosa è avere i media contro quando si è all’opposizione, una cosa quando si è al governo. L’ostilità del sistema conta di più perché quando stai governando hai in mano la sorte di tanti milioni di cittadini.
Di Maio & C. hanno passato mesi a farsi definire ingenui, incapaci, sprovveduti, impreparati, ecc senza riuscire ad opporre un efficace contraltare… Una narrazione così massiccia che come una goccia persistente ha scavato nella roccia giorno dopo giorno riuscendo a penetrare nell’opinione pubblica. Una narrazione menzognera ma a cui tanti hanno creduto! La reazione è che molti non sono andati a votare perché hanno perso l’entusiasmo, altri hanno dato il voto a Salvini (troppo furbo e scaltro) e altri sono tornati a votare Pd.
Per contrastare questa narrazione i 5 Stelle avrebbero dovuto snaturarsi, occupare la RAI "manu militar"i e diffondere a raffica i loro mantra! Altro che concedere a Salvini il doppio dello spazio concesso loro (come è avvenuto)! Non è nel loro DNA di democratici e leali - apprezzabili per questo - ma il risultato -di fatto- è che tutto ciò che ha fatto di buono il Movimento non ha saputo/voluto raccontarlo nessuno e l’allegra compagnia web da sola non è stata sufficiente: per veicolare una storia credibile, c’è bisogno di un coro, non basta un solo cantante.
La domanda che ora tutti si fanno è: Di Maio dovrebbe dimettersi? Credo che non dovrebbe farlo come politico ma come stratega di certo. La comunicazione 5 Stelle con Di Maio (pur bravo dialetticamente) è troppo moderata, troppo in giacca e cravatta, e non può andare bene per chi si definisce forza anti-sistema.
Un Movimento che non è un partito deve essere alternativa permanente. L'alternativa deve far sognare, come era successo alle Politiche, dove non c’era stato solo il canto di Di Maio ma un concerto a più voci: con Di Battista, Fico e le altre facce ‘oneste’ che gli italiani avevano imparato a conoscere nel primo mandato dai banchi dell’opposizione.
I 5 stelle dovranno scongelare quell’entusiasmo se vorranno ritrovare i voti perduti. C'è questa falla da riparare prima che si allarghi ancora e faccia tramontare per sempre tutte le velleità di cambiamento.
Il movimento dovrà tornare più vicino a Di Battista se vuole ricuperare la sua vocazione primigenia.
Non si può piacere a tutti. E non si può partire da una base e da punti programmatici con tematiche poste in modo forte su questione ecologica, moneta ed euro, messa in discussione vincoli europei, vaccini, ecc. e poi annacquare troppo il tutto. Giusto fare compromessi pur di ottenere qualcosa, ma senza abiurare.
Inoltre trascurare il web per inseguire la televisione (pur riconoscendo come sia importante presenziarvi) non è stato premiante.
Una forza che ha successo essendo alternativa, se non rimane tale, se si trasforma troppo in senso opposto una volta al Governo, perde inevitabilmente il suo successo. Di Maio ci ha provato a marcare la differenza ma troppo tardi e troppo fiocamente.
L'errore è stato pensare che bastasse realizzare le pur notevoli leggi a cuore dei 5 stelle come il Reddito di Cittadinanza, quota 100, lo spazza corrotti, l'eliminazione dei vitalizi, il decreto dignità, il salario minimo, tagliarsi i propri stipendi ecc. per mantenere il consenso, ma le critiche roboanti e l'ancora troppo embrionale applicazione hanno annullato tale pur encomiabile realizzazione. Cioè, in un paese normale tutte queste leggi avrebbero garantito un consenso incredibile. Ma siamo in Italia, e qui la gente ragiona in modo strano. Cioè, ragiona? Verrebbe da chiederselo. Tuttavia questo è l'elettorato, la cui maturità media culturale è pari a quella di un bimbo di 13 anni (come diceva Berlusconi un po' di anni fa). E con questa occorre relazionarsi.
Si aggiunga infine che, per non diventare definitivamente "stelle cadenti", è anche completamente da ripensare la strategia a livello locale, oltre al limite enorme dei due mandati: la maggioranza della gente non si informa che superficialmente e vota solo per chi riconosce. E' triste ma è la realtà, e con questa realtà nella Storia anche i più intellettuali e rivoluzionari hanno dovuto sempre fare i conti.

martedì 20 dicembre 2016

Eurocappio, come uscirne?

"Siamo in trappola: senza svolte sicuramente avanziamo verso la catastrofe". 
Uno dei migliori articoli sull'euro mai usciti, chiaro e comprensibile. Con una proposta interessante per risolvere il grave problema.

"Il contesto è pessimo: l’euro è una moneta strutturalmente fragile e perennemente a rischio di sopravvivenza, l’eurozona è già in coma, e l'Italia è il punto debole di questa eurozona malata. La moneta unica non è una “cosa” o uno strumento neutro. Realizza il rapporto di dominio del più forte sul più debole. Creata sul modello del marco tedesco, l'architettura dell'euro, così come prevista dal Trattato di Maastricht e dai successivi trattati ulteriormente peggiorativi (vedi il Fiscal Compact), presenta difetti strutturali congeniti

L'opposizione democratica – quella dei 5 Stelle e della Sinistra – dovrebbe preparare urgentemente un piano chiaro sull'euro e sull'Europa. La situazione italiana è infatti molto più preoccupante di quanto ci fanno apparire. È più che grave: è disastrosa (anche se al peggio purtroppo non c'è fine). La crisi bancaria è serissima, e quella dell'intero Paese prelude a probabili rotture con l'Unione Europea e con i mercati finanziari. In effetti l'Italia è sull'orlo del baratro

Pochi dati sintetici (fonte: Istat) illustrano la drammatica condizione a cui è giunto il nostro Paese. Dal 2007 al 2015 l'Italia dell'euro ha perso quasi 10 punti di PIL (circa 140 miliardi in meno) e un quarto della produzione industriale. I disoccupati sono passati da un milione e 150 mila unità a quasi tre milioni. Il reddito medio è sceso fino al livello pre-euro (primi anni '90) e 4,6 milioni di famiglie sono ormai entrate in condizione di povertà assoluta. Gli investimenti sono caduti del 30% circa. Con i famigerati tagli alla spesa pubblica, i servizi per i cittadini (sanità, istruzione, trasporti) sono in condizioni di degrado. Al sud l'unico business fiorente e liquido è quello delle mafie. I giovani più bravi vanno all'estero. Paghiamo più tasse di quanto lo stato spende per i servizi pubblici, ma lo stato è ugualmente in deficit perché paga circa 70-80 miliardi all'anno di interessi sul debito agli investitori finanziari. Il debito pubblico segna il record di 133% sul PIL: e senza crescita del PIL certamente non diminuirà ma aumenterà. I capitali fuggono; l'Italia ha raggiunto il picco di deficit nel Target 2, il sistema di compensazione tra i capitali dei Paesi dell'eurozona: 360 miliardi di disavanzo italiano contro il gigantesco surplus tedesco di 754 miliardi. Il patrimonio industriale e bancario nazionale a spizzichi e bocconi viene ceduto all'estero. Non solo non abbiamo più sovranità monetaria ma non possiamo neppure fare manovre fiscali espansive a causa dell'enorme debito pubblico. Siamo in trappola. Di fronte a noi c'è solo il Fiscal Compact e l'ulteriore taglio forsennato alla spesa pubblica. La condizione è insostenibile e prima o poi precipiterà."

mercoledì 18 maggio 2016

SUL PENSIERO UNICO VACCINALE




Imperversa la polemica dopo che qualche giorno fa, nel talk show Virus di Nicola Porro, è stata data voce al nostrano e datato dj "Red Ronnie" ormai assurto a personaggio alternativo, vegano, anti sistema e quant'altro. Il nostro ha pensato bene di dire cosa pensa dei vaccini, secondo il suo parere da evitare, al punto da affermare che "vaccinare i bambini è demenziale". Ovviamente in trasmissione hanno parlato anche altri esperti pro-vaccini, ma si sono scatenate subito le ire dei professoroni e degli enti di Stato che hanno tuonato contro la possibilità che sia stata data uguale voce a personaggi inattendibili come Red Ronnie e a "professoroni" appunto con tanto di cariche istituzionali e carrierone (forse sponsorizzate da Big Pharma?).

Tanto per non fare la solita figura da complottista a senso unico vorrei iniziare con le tesi pro-vaccini sintetizzate bene in questo articolo. Non starò a ripeterle. Chi è interessato le può leggere lì.

martedì 17 maggio 2016

C'è Francesco e Francesco

Il Papa continua a pontificare contro la povertà e contro chi non aiuta gli immigrati. Ma la mano destra non sa cosa fa la sinistra, ovvero si predica bene ma si razzola alquanto male. Il Santo a cui si è ispirato per il suo nome, se fosse qui, non credo sarebbe così contento di quanto realmente accade: come si può far finta di non vedere la ricchezza dei prelati, le ricchezze del Vaticano, la gestione dello IOR e la mole esagerata di immobili di proprietà della Chiesa? O l'enorme flusso di denaro che proviene dallo Stato italiano che non viene utilizzato per fare opere di bene? (VEDI POST SOTTO)

martedì 10 maggio 2016

Riforma del Senato: dal bicameralismo perfetto al bicameralismo… confuso

Analisi delle modifiche costituzionali inerenti al prossimo referendum (non abrogativo, per cui la domanda è se si approva, non se si abroga).

Le ragioni della modifica del Senato (non eliminazione, attenti!) sono essenzialmente 2, una economica e l’altra relativa al superamento del bicameralismo che sarebbe alla radice della lentezza legislativa italiana.

martedì 1 settembre 2015

LO SPECCHIO CAMBIA VESTE

Per essere più tempestivo e veloce, si è deciso di spostare la pagina de LO SPECCHIO su Facebook.
Questo il link:
https://www.facebook.com/MauriSabba


martedì 14 luglio 2015

Unione Europea o Terzo Reich? - 3

Adesso almeno però è chiaro che non si chiama UE; si chiama guerra. Siamo in guerra. Una lunga, costosa guerra per la riconquista dei diritti politici che ci sono stati espropriati.
Da questo punto di vista, si può essere tragicamente allegri. Sono sei, diconsi 6, i parlamenti che devono approvare il cosiddetto “accordo”. Per accorgersi che la la punizione della Grecia, per loro, ha come contropartita da sborsare molto più degli 87 miliardi di euro; almeno un 120. E all’Italia, aver partecipato a questa cattiva azione, non essersi ribellata, costerà una trentina i miliardi in più.

Unione Europea o Terzo Reich? - 2

Il senso profondo, già storico, degli eventi è il confronto tra ragioni della democrazia e ragioni della potenza (economica e finanziaria, ma non dissimile negli effetti e negli intenti dalle vecchie forme a base di cannoniere). La democrazia esce sconfitta, dichiarata dannosa dai più alti vertici istituzionali europei, di quella Europa che scioccamente si vantava di esserne la patria e il modello esportabile. Non la democrazia è primaria, ma il denaro, deve essere una lezione chiara per tutti, affinché non sopravvivano vecchie superstizioni e velleità al riguardo.
Era difficile per alcuni credere che la Germania potesse arrivare a tanto, ma la sfida di Mitterrand di contenere lo strapotere tedesco è stata perduta. La Francia di oggi è il fantasma della Francia di allora. Occorre prenderne atto, questa è l’Europa germanica, una sorta di dittatura economica ordoliberista. Sarebbe tempo, per chi crede nei progetti alti della politica, rimboccarsi le maniche e cominciare a costruire un fronte democratico. Altro che destra-sinistra. In gioco non era solo la sinistra greca, piuttosto l’idea di Europa dei padri fondatori.

lunedì 13 luglio 2015

Unione Europea o Terzo Reich?

A prescindere dalle enormi carenze di Tsipras (incoerenza), dai suoi errori (assenza piano B), forse dalla sua malafede (referendum e poi proposte peggio delle precedenti, a questo punto è chiaro che -diversamente da cosa affermava- sperava vincessero i sì) e dalle sue erronee basi di partenza (sì euro ma no austerità), CHE EUROPA E' QUESTA?
Un europa della moneta che si sostituisce alla sovranità di un Governo e può imporre ad uno Stato i suoi diktat e la rovina del suo popolo? L'Europa delle banche mostra il suo volto più bieco. La Germania (dove il 90% della sua popolazione non vuole il salvataggio della Grecia) pretende riforme pesantissime entro 3 giorni per punire il popolo che ha osato votare contro l'austerità. Un tempo entravano i carri armati, è la stessa cosa. Tutti a dire che il popolo greco ha vissuto sopra i suoi mezzi dimenticandosi che le scelte le fanno i governi non i cittadini, e che i prestiti allegri alla Grecia li hanno fatti Goldman Sachs &C. e che la Grecia è stata benedetta nell'euro (malgrado i suoi conosciutissimi debiti) da Monti e tutta l'élite finanziaria europea. Questo si rischia ad essere entro questo cappio al collo! E gli indicatori dell'Italia e il suo indebitamento sono peggiori di quelli Greci. Ci saranno condonati fino a quando avremo i servi di quei poteri al Governo, ma dovessimo mai alzare la testa per proteggere i nostri deboli... guai a noi!

giovedì 30 aprile 2015

Il capitalismo non funziona più? O funziona troppo bene?


BoT a zero, in attesa del grande botto

La notizia è da prima pagina. Ma siccome nessuno sa bene come trattarla quasi tutti spingono il tasto “ottimismo” e fanno finta di non vedere l'altra faccia della medaglia.
Partiamo dunque dalla notizia semplice semplice: ieri il ministero del Tesoro  ha collocato BoT a scadenza di sei mesi a un tasso di interesse pari a zero. In pratica, il Tesoro chiede un prestito sui mercati e tra sei mesi non pagherà nulla come “retribuzione del capitale”, limitandosi a restituire la cifra ricevuta.

A breve, come già in altri paesi europei, l'Italia emetterà titoli a un tasso negativo.
La domanda che apre la porta sul “lato oscuro” è altrettanto semplice: perché un investitore (una banca, un fondo di investimento, o persino un normale cittadino con qualche risparmio da parte) accetta di prestare i propri soldi sapendo in anticipo che non ci guadagnerà nulla o addirittura ci rimetterà qualcosa?

giovedì 23 aprile 2015

Note sulla Sindone

Nulla va perduto in natura, ma la vera spiritualità è difficilmente connessa alla materia. L'essenza della spiritualità si trova proprio nel distacco e superamento della materia. Cadaveri, ossa, panni, chiodi, reliquie varie quasi sempre false, come possono avvicinare allo Spirito con la S maiuscola?

"In una delle sue ultime predicazioni, un mese prima di morire, Lutero, commentando il passo della conversione di Paolo, volle contrapporre la «vera» reliquia cristiana, la Parola di Dio, alle «false» reliquie, quelle dei «papi e cardinali che sono totalmente insicure e inventate sognando, per burlare e turlupinare il mondo». Lutero ce l’aveva in particolare con il nesso reliquie-indulgenze, ovvero il sistema penitenziale tardo medioevale, attraverso il quale «il papa vende i meriti di Cristo insieme ai meriti supererogatori di tutti i santi e della Chiesa intera eccetera. Tutto questo non è tollerabile. Non solo è una pura invenzione umana, senza fondamento nella Parola di Dio, assolutamente non necessaria e non comandata, ma contraddice pure il primo articolo sulla redenzione e quindi non può in alcun modo essere tollerato», (Lutero, 1992).

mercoledì 15 aprile 2015

PRIVATIZZARE E ACQUISIRE I BENI DEGLI INDEBITATI. Non è la Germania contro la Grecia. E’ la guerra delle banche nei confronti del lavoro


"Non è la Germania contro la Grecia. E’ la guerra delle banche nei confronti del lavoro. La continuazione del Thatcherismo e del neoliberismo".
Come dimostra il golpe effettuato dalla finanza contro Berlusconi nel 2012, quando paventò l'uscita dall'Euro, attraverso il crescente indebitamento degli Stati  megabanche e/o superfondi collegati, già azionisti di multinazionali, stanno entrando nel capitale di controllo di un numero crescente di banche, imprese strategiche, porti, aeroporti, centrali e reti energetiche. 
Solo per bilanciare l’espansione dei Cinesi?
Un processo che va avanti da anni, accelerato molto dalla “crisi” del 2007-8 e dalle politiche controproducenti come l’austerità, che sempre più si rivela una scelta politica. Evidentissimo nei paesi del Sud Europa, Grecia in testa, ma presente anche altrove e negli stessi Stati Uniti 

mercoledì 25 marzo 2015

La crisi che non è maggiore povertà

I dati pubblicati nel Rapporto sulla ricchezza mondiale (e sulla sua distribuzione) dal Credit Suisse nel 2014 dimostrano che la cosiddetta "crisi" non è una diminuzione generalizzata di ricchezza (come martellato dai media) ma un aumento, l'aumento dei ricchi e della loro ricchezza che corrisponde all'aumento dei poveri e della loro povertà.
La crisi è un allargamento di forbice. E' un maggiore divario tra chi sfrutta e chi è sfruttato. E la sinistra, sia italiana che mondiale, si è spesso trasformata da paladina dei deboli e della solidarietà, nel maggior tutore di questa sperequazione, poichè in grado di far passare con minore scontro sociale (essendo ancora creduta tutelante dalla maggior parte delle fasce deboli) le riforme atte ad avvallare e -se possibile- garantire ancor di più questa diseguaglianza. Il miglior servo possibile per i padroni del mondo.

venerdì 13 marzo 2015

QUANTO COSTA LA CHIESA CATTOLICA AGLI ITALIANI

La Chiesa costa ogni anno ai contribuenti italiani circa 6 miliardi e mezzo di euro.
Voce
Costo
8 per mille
€ 1.054.000.000
Stipendi insegnanti dell'ora di religione
€ 1.000.000.000
Convenzioni scuola
€ 700.000.000
Convenzioni pubbliche con gli ospedali cattolici
€ 1.000.000.000
Convenzioni pubbliche con istituti di ricerca
€ 420.000.000
Convenzioni pubbliche con case di cura
€ 250.000.000
Media annuale regalie una tantum
€ 250.000.000
Mancato incasso ICI (stima)
€ 700.000.000
Sconto 50% su Ires, Irap e altre imposte
€ 500.000.000
L’elusione fiscale turismo cattolico (stima)
€ 600.000.000
Subappalto televisivo e finanziamenti stampa
€ 52.000.000
Totale
€ 6.526.000.000
L’otto per mille, grazie ad un meccanismo messo a punto a metà degli anni ‘80 assegna alla Chiesa Cattolica anche le quote di chi non ha espresso alcuna preferenza, sulla base della percentuale di chi l’ha espressa. Un metodo piuttosto arbitrario che porta nelle casse della Chiesa Cattolica circa un miliardo di euro ogni anno (1.054 mil. di euro nel 2014). Nel resto d’Europa  la contribuzione è non solo volontaria, ma le quote derivanti dalle preferenze non espresse restano allo Stato.
Non solo. L’Art.47 della legge 20 maggio 1985, n. 222 stabilisce che ogni anno, entro giugno, lo Stato corrisponda alla Conferenza Episcopale Italiana un anticipo valutato sulla base delle scelte relative a 3 anni prima. Nel 2013 abbiamo anticipato alla CEI 1.005 milioni di euro. Ben diverso da quando lo Stato saldi di norma i suoi crediti (dai 3 ai 5 anni dopo), come i poveri contribuenti ben sanno!
Un altro miliardo se ne va per gli stipendi ai circa 22 mila insegnanti di quella che impropriamente viene chiamata ora di religione.